giovedì 26 marzo 2015
mercoledì 25 marzo 2015
domenica 15 marzo 2015
domenica 1 marzo 2015
Don Gianfranco Marinazzo e Don Delfino Frigo
DUE RITRATTI
MERAVIGLIOSI
Don Gianfranco Marinazzo
Nella mattinata di venerdì 20 febbraio il cuore di don Gianfranco Martinazzo si è fermato. Le facoltà mentali si erano inceppato il pomeriggio del 2 settembre. quando in bicicletta stava andando a trovare gli ammalati nella parrocchia di San Lorenzo di Abano. Lo scontro con una moto, in modalità non ancora accertate, lo ha portato nel reparto di rianimazione dell'ospedale Sant'Antonio. Da allora non si erano visti segni di ripresa agli stimoli esterni. In queste condizioni ai primi di ottobre era stato accolto nel reparto Kolbe dell opera della Provvidenza Sarmeola. Don Gianfranco non aveva fratelli viventi ma qualche parente che assieme agli amici gli sono stati vicini in questo periodo. Sentiamo il dovere di esprimere al personale dell'opera della Provvidenza un vivo ringraziamento per la cura e premurosa con cui lo hanno assistito. Don Gianfranco era nato a Murelle di Villanova nel 1932 e ha percorso l'intero iter del seminario concluso con l'ordinazione nel 1957. La sua prima nomina e di cooperatore a Piove di Sacco accanto a monsignor Roberto Carniello. Dopo 7 anni assume il compito di vicario economo della vicina parrocchia di Piovega Nel 1967 passa nella pedemontana come parroco di Laverda, ma nel 1973, è nominato parroco di Montà, nella periferia di Padova. Al compiersi dei 10 anni, chiede di cambiare e si sposta in un'altra parrocchia della periferia, alla Mandria. Nel 1987 chi è un allungamento e viene poi nominato parroco di Cavino. Non aveva ancora compiuto i 10 anni di parroco, né i 75 di vita, quando anche per condizioni di salute si ritira come penitenziere nella parrocchia di San Lorenzo di Abano.
Secondo il detto di un altro sacerdote anziano " sono occupato non preoccupato" anche don Gianfranco, sollevato dalle responsabilità ,non si è tirato indietro, ma si è dato tutto, oltre il limite dell'età e della salute, nella disponibilità alle confessioni e alla visita degli anziani ammalati. Aveva ritrovato una comunità accogliente che eri cambiava il suo voler bene.
Il ritmo dei suoi cambiamenti dice qualcosa della sua indole un po' riservata che non si legava a persone e gruppi, per cui sembrava un po' distaccato. E' rimasto in ogni comunità il tempo per dare il meglio di sé nella testimonianza della sua vita di prete
Così lo ricorda un suo compagno di ordinazione: "Prete tutto d'un pezzo senza pezzi di ricambio di vecchio stampo di fede e di vocazione radicata è sicura, come il carattere basso della sua voce, colonna e riferimento delle corali in seminario è nelle sue comunità. Nel ministero, rigido nelle sue impostazioni liturgiche e pastorali, ispirate da prescrizioni e indirizzi superiori, da rispettare; zelante e preciso fino a rassegnare ostinazione e caparbietà; lu; con lui ( l'ecco di un commento della gente) bisognava starsi i filare dritto, altrimenti si ....stona, come nel canto, la sua innata passione!"
" Sensibile e puntuale sempre negli incontri di classe di ordinazione capace di proposte e di iniziative a promozione dell'amicizia di gruppo.
Amicizia ricambiata fino alla fine: significativo il rito dell'Unzione celebrato qualche domenica fa da noi suoi compagni riuniti attorno al suo letto, capolavoro di matura fraternità fino alla commozione."
"Mi piace ricordare anche le sue memorabili entusiasmanti escursioni in montagna; penso che tra le Dolomiti e dintorni nessun rifugio e vette accessibili siano rimaste fuori dall'elenco.
E' stato decisivo è coerente anche nell'ultima carità: lasciare tutto (e non era poco) per casi di necessità e povertà, anche verso istituzioni diocesane".
L'estate scorsa, qualche mese prima dell'incidente, si è recato in Seminario portando un assegno consistente, dicendo: "I doni e le feste si fanno in vita (lo stesso pensiero espresso dell'ultimo prete defunto don Antonio Veronese).
Nel suo testamento redatto l 8 settembre 2013 e consegnato in custodia al notaio della Curia don Luciano Barin, aggiunse alcune brevi note spirituali che si concludono con appunti sulla morte tratti dalla Gaudium et Spes ed aggiunge: "Professo la fede nel mistero pasquale: mi ha dato coraggio e speranza nel futuro. Affidandomi a questa fede pasquale.... Signore eccomi!".
Don Delfino Frigo prete innamorato della gente.
Mancava poco a mezzogiorno di domenica 22 febbraio quando don Delfino Frigo all'età di 55 anni, parroco di San Giacomo di Romano, ha emesso l'ultimo respiro, dopo alcuni giorni in cui la gravità del male aveva avvertito della vicina conclusione.
Si trovava da una decina di giorni nel reparto di terapia intensiva della cardiologia all'ospedale Cittadella. Ma da alcuni anni era seguito dai medici del reparto di ematologia dell'ospedale di Padova per una malattia rara, ma rimasta stazionarie fino al marzo dello scorso anno quando è cominciato un lento declino del cuore prima, dei polmoni poi, e infine dei reni.
Per un anno don Delfino ha accolto tutte le terapie sperando fino all'ultimo di riuscire a farcela, aveva subito vari ricoveri, ma aveva scelto di restare in canonica concelebrando una messa alla domenica, così i parrocchiani hanno potuto leggere sul suo volto il progressivo procedere del male.
Essendo una persona molto riservata, per quanto riguardava la sua vita personale, ha condiviso con un gruppo ristretto di amici la malattia taciuta agli altri, perché non voleva la pietà di nessuno. Un ringraziamento particolare al suo medico Maria Grazia che l'ha seguito come un fratello, non come un paziente. Alla mamma che l'ha accompagnato in questo cammino con speranza e alla sorella: le nostre condoglianze. Don Delfino era nato a San Zenone degli Ezzelini nel 1959. La famiglia si era poi trasferita a Fellette. E' entrato nel seminario di Padova come vocazione giovanile, è stato ordinato prete nel 1988. Inizia a svolgere il ministero di cooperatore prima a Tencarola e poi al Sacro Cuore in Padova. Nel 1996 viene nominato parroco di Faedo e arciprete di Fontanafredda. Due anni dopo diventa parroco moderatore della nuova unità pastorale di Cinto Euganeo, Faedo, Fontanafredda, Valnogaredo. Nel 2002 accetta la nomina di parroco a Santa Giustina in Colle nel 2011 arriva a San Giacomo di Romano.
"Grazie per averci insegnato un modo esigenza di lavorare in parrocchia grazie per la cura e la passione con cui hai preparato tutti gli incontri e soprattutto le liturgie domenicali". Sono parole del vicepresidente del Consiglio Pastorale di Santa Giustina in Colle. "Grazie per le energie profuse per la pazienza e l'entusiasmo con cui hai fatto crescere chi ti è stato vicino ci hai aiutato a diventare - collaboratori e più corresponsabili. Grazie per le energie che hai investito per il futuro di questa comunità per il lavoro che hai fatto con i giovani con i ragazzi e con le famiglie ...." Un lontano ricordo dei compagni di seminario : " Delfino grazie alla sua precedente esperienza lavorativa e relazionale, aveva di fatto portato con sé in seminario una fitta rete di persone con cui continuava a tenere i contatti. Anche successivamente nel ministero ha mostrato immediatezza e discrezione nelle relazioni."
Un parroco che gli è stato vicino:" Per me don Delfino significa finezza e gentilezza. Credo che questa sia una caratteristica spiccata della sua persona. Un garbo nei modi e nelle parole, nel tratto, nell' incontrare e dare spazio agli altri che diventa sorriso ascolto invito suggerimento, consolazione e speranza. Don Delfino è un immagine bella e speciale dell'essere prete diocesano, un innamorato della sua gente dedicato è offerto alla sua comunità .
Don Delfino è stato un catalizzatore di reti e punti possibili, sempre, in parrocchia, in vicariato nel promuovere uno stile diocesano.
La cerimonia eucaristica di commiato è stata celebrata nella chiesa di San Giacomo di Romano il 25 febbraio dal vescovo Antonio.
Don Gianfranco Marinazzo
Nella mattinata di venerdì 20 febbraio il cuore di don Gianfranco Martinazzo si è fermato. Le facoltà mentali si erano inceppato il pomeriggio del 2 settembre. quando in bicicletta stava andando a trovare gli ammalati nella parrocchia di San Lorenzo di Abano. Lo scontro con una moto, in modalità non ancora accertate, lo ha portato nel reparto di rianimazione dell'ospedale Sant'Antonio. Da allora non si erano visti segni di ripresa agli stimoli esterni. In queste condizioni ai primi di ottobre era stato accolto nel reparto Kolbe dell opera della Provvidenza Sarmeola. Don Gianfranco non aveva fratelli viventi ma qualche parente che assieme agli amici gli sono stati vicini in questo periodo. Sentiamo il dovere di esprimere al personale dell'opera della Provvidenza un vivo ringraziamento per la cura e premurosa con cui lo hanno assistito. Don Gianfranco era nato a Murelle di Villanova nel 1932 e ha percorso l'intero iter del seminario concluso con l'ordinazione nel 1957. La sua prima nomina e di cooperatore a Piove di Sacco accanto a monsignor Roberto Carniello. Dopo 7 anni assume il compito di vicario economo della vicina parrocchia di Piovega Nel 1967 passa nella pedemontana come parroco di Laverda, ma nel 1973, è nominato parroco di Montà, nella periferia di Padova. Al compiersi dei 10 anni, chiede di cambiare e si sposta in un'altra parrocchia della periferia, alla Mandria. Nel 1987 chi è un allungamento e viene poi nominato parroco di Cavino. Non aveva ancora compiuto i 10 anni di parroco, né i 75 di vita, quando anche per condizioni di salute si ritira come penitenziere nella parrocchia di San Lorenzo di Abano.
Secondo il detto di un altro sacerdote anziano " sono occupato non preoccupato" anche don Gianfranco, sollevato dalle responsabilità ,non si è tirato indietro, ma si è dato tutto, oltre il limite dell'età e della salute, nella disponibilità alle confessioni e alla visita degli anziani ammalati. Aveva ritrovato una comunità accogliente che eri cambiava il suo voler bene.
Il ritmo dei suoi cambiamenti dice qualcosa della sua indole un po' riservata che non si legava a persone e gruppi, per cui sembrava un po' distaccato. E' rimasto in ogni comunità il tempo per dare il meglio di sé nella testimonianza della sua vita di prete
Così lo ricorda un suo compagno di ordinazione: "Prete tutto d'un pezzo senza pezzi di ricambio di vecchio stampo di fede e di vocazione radicata è sicura, come il carattere basso della sua voce, colonna e riferimento delle corali in seminario è nelle sue comunità. Nel ministero, rigido nelle sue impostazioni liturgiche e pastorali, ispirate da prescrizioni e indirizzi superiori, da rispettare; zelante e preciso fino a rassegnare ostinazione e caparbietà; lu; con lui ( l'ecco di un commento della gente) bisognava starsi i filare dritto, altrimenti si ....stona, come nel canto, la sua innata passione!"
" Sensibile e puntuale sempre negli incontri di classe di ordinazione capace di proposte e di iniziative a promozione dell'amicizia di gruppo.
Amicizia ricambiata fino alla fine: significativo il rito dell'Unzione celebrato qualche domenica fa da noi suoi compagni riuniti attorno al suo letto, capolavoro di matura fraternità fino alla commozione."
"Mi piace ricordare anche le sue memorabili entusiasmanti escursioni in montagna; penso che tra le Dolomiti e dintorni nessun rifugio e vette accessibili siano rimaste fuori dall'elenco.
E' stato decisivo è coerente anche nell'ultima carità: lasciare tutto (e non era poco) per casi di necessità e povertà, anche verso istituzioni diocesane".
L'estate scorsa, qualche mese prima dell'incidente, si è recato in Seminario portando un assegno consistente, dicendo: "I doni e le feste si fanno in vita (lo stesso pensiero espresso dell'ultimo prete defunto don Antonio Veronese).
Nel suo testamento redatto l 8 settembre 2013 e consegnato in custodia al notaio della Curia don Luciano Barin, aggiunse alcune brevi note spirituali che si concludono con appunti sulla morte tratti dalla Gaudium et Spes ed aggiunge: "Professo la fede nel mistero pasquale: mi ha dato coraggio e speranza nel futuro. Affidandomi a questa fede pasquale.... Signore eccomi!".
Don Delfino Frigo prete innamorato della gente.
Mancava poco a mezzogiorno di domenica 22 febbraio quando don Delfino Frigo all'età di 55 anni, parroco di San Giacomo di Romano, ha emesso l'ultimo respiro, dopo alcuni giorni in cui la gravità del male aveva avvertito della vicina conclusione.
Si trovava da una decina di giorni nel reparto di terapia intensiva della cardiologia all'ospedale Cittadella. Ma da alcuni anni era seguito dai medici del reparto di ematologia dell'ospedale di Padova per una malattia rara, ma rimasta stazionarie fino al marzo dello scorso anno quando è cominciato un lento declino del cuore prima, dei polmoni poi, e infine dei reni.
Per un anno don Delfino ha accolto tutte le terapie sperando fino all'ultimo di riuscire a farcela, aveva subito vari ricoveri, ma aveva scelto di restare in canonica concelebrando una messa alla domenica, così i parrocchiani hanno potuto leggere sul suo volto il progressivo procedere del male.
Essendo una persona molto riservata, per quanto riguardava la sua vita personale, ha condiviso con un gruppo ristretto di amici la malattia taciuta agli altri, perché non voleva la pietà di nessuno. Un ringraziamento particolare al suo medico Maria Grazia che l'ha seguito come un fratello, non come un paziente. Alla mamma che l'ha accompagnato in questo cammino con speranza e alla sorella: le nostre condoglianze. Don Delfino era nato a San Zenone degli Ezzelini nel 1959. La famiglia si era poi trasferita a Fellette. E' entrato nel seminario di Padova come vocazione giovanile, è stato ordinato prete nel 1988. Inizia a svolgere il ministero di cooperatore prima a Tencarola e poi al Sacro Cuore in Padova. Nel 1996 viene nominato parroco di Faedo e arciprete di Fontanafredda. Due anni dopo diventa parroco moderatore della nuova unità pastorale di Cinto Euganeo, Faedo, Fontanafredda, Valnogaredo. Nel 2002 accetta la nomina di parroco a Santa Giustina in Colle nel 2011 arriva a San Giacomo di Romano.
"Grazie per averci insegnato un modo esigenza di lavorare in parrocchia grazie per la cura e la passione con cui hai preparato tutti gli incontri e soprattutto le liturgie domenicali". Sono parole del vicepresidente del Consiglio Pastorale di Santa Giustina in Colle. "Grazie per le energie profuse per la pazienza e l'entusiasmo con cui hai fatto crescere chi ti è stato vicino ci hai aiutato a diventare - collaboratori e più corresponsabili. Grazie per le energie che hai investito per il futuro di questa comunità per il lavoro che hai fatto con i giovani con i ragazzi e con le famiglie ...." Un lontano ricordo dei compagni di seminario : " Delfino grazie alla sua precedente esperienza lavorativa e relazionale, aveva di fatto portato con sé in seminario una fitta rete di persone con cui continuava a tenere i contatti. Anche successivamente nel ministero ha mostrato immediatezza e discrezione nelle relazioni."
Un parroco che gli è stato vicino:" Per me don Delfino significa finezza e gentilezza. Credo che questa sia una caratteristica spiccata della sua persona. Un garbo nei modi e nelle parole, nel tratto, nell' incontrare e dare spazio agli altri che diventa sorriso ascolto invito suggerimento, consolazione e speranza. Don Delfino è un immagine bella e speciale dell'essere prete diocesano, un innamorato della sua gente dedicato è offerto alla sua comunità .
Don Delfino è stato un catalizzatore di reti e punti possibili, sempre, in parrocchia, in vicariato nel promuovere uno stile diocesano.
La cerimonia eucaristica di commiato è stata celebrata nella chiesa di San Giacomo di Romano il 25 febbraio dal vescovo Antonio.
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