DUE RITRATTI
MERAVIGLIOSI
Don
Gianfranco Marinazzo
Nella mattinata di
venerdì 20 febbraio il cuore di don Gianfranco Martinazzo si è
fermato.
Le facoltà mentali si
erano inceppato il pomeriggio del 2 settembre. quando in bicicletta stava
andando a trovare gli ammalati nella parrocchia di San Lorenzo di
Abano.
Lo scontro con una moto,
in modalità non ancora accertate, lo ha portato nel reparto di rianimazione
dell'ospedale Sant'Antonio.
Da allora non si erano
visti segni di ripresa agli stimoli esterni. In queste condizioni ai primi di
ottobre era stato accolto nel reparto Kolbe dell opera della Provvidenza
Sarmeola.
Don Gianfranco non aveva
fratelli viventi ma qualche parente che assieme agli amici gli sono stati vicini
in questo periodo.
Sentiamo il dovere di
esprimere al personale dell'opera della Provvidenza un vivo ringraziamento per
la cura e premurosa con cui lo hanno assistito.
Don Gianfranco era nato a
Murelle di Villanova nel 1932 e ha percorso l'intero iter del seminario concluso
con l'ordinazione nel 1957.
La sua prima nomina e di
cooperatore a Piove di Sacco accanto a monsignor Roberto Carniello. Dopo 7 anni
assume il compito di vicario economo della vicina parrocchia di Piovega Nel
1967 passa nella pedemontana come parroco di Laverda, ma nel 1973, è nominato
parroco di Montà, nella periferia di Padova.
Al compiersi dei 10 anni,
chiede di cambiare e si sposta in un'altra parrocchia della periferia, alla
Mandria.
Nel 1987 chi è un
allungamento e viene poi nominato parroco di Cavino.
Non aveva ancora compiuto
i 10 anni di parroco, né i 75 di vita, quando anche per condizioni di salute si
ritira come penitenziere nella parrocchia di San Lorenzo di
Abano.
Secondo il detto
di un altro sacerdote anziano " sono occupato non preoccupato" anche don
Gianfranco, sollevato dalle responsabilità ,non si è tirato indietro, ma si è
dato tutto, oltre il limite dell'età e della salute, nella disponibilità alle
confessioni e alla visita degli anziani ammalati.
Aveva ritrovato una
comunità accogliente che eri cambiava il suo voler bene.
Il ritmo dei suoi cambiamenti
dice qualcosa della sua indole un po' riservata che non si legava a persone e
gruppi, per cui sembrava un po' distaccato.
E' rimasto in ogni comunità il tempo per dare il meglio di sé nella
testimonianza della sua vita di prete
Così lo ricorda un suo
compagno di ordinazione: "Prete tutto d'un pezzo senza pezzi di ricambio di
vecchio stampo di fede e di vocazione radicata è sicura, come il carattere basso
della sua voce, colonna e riferimento delle corali in seminario è nelle sue
comunità. Nel ministero, rigido nelle sue impostazioni liturgiche e pastorali,
ispirate da prescrizioni e indirizzi superiori, da rispettare; zelante e preciso
fino a rassegnare ostinazione e caparbietà; lu; con lui ( l'ecco di un commento
della gente) bisognava starsi i filare dritto, altrimenti si ....stona, come nel
canto, la sua innata passione!"
" Sensibile e puntuale
sempre negli incontri di classe di ordinazione capace di proposte e di
iniziative a promozione dell'amicizia di gruppo.
Amicizia ricambiata fino alla fine: significativo il rito dell'Unzione
celebrato qualche domenica fa da noi suoi compagni riuniti attorno al suo letto,
capolavoro di matura fraternità fino alla commozione."
"Mi piace
ricordare anche le sue memorabili entusiasmanti escursioni in montagna; penso
che tra le Dolomiti e dintorni nessun rifugio e vette accessibili siano rimaste
fuori dall'elenco.
E' stato decisivo è coerente anche nell'ultima carità: lasciare tutto (e
non era poco) per casi di necessità e povertà, anche verso istituzioni
diocesane".
L'estate scorsa, qualche mese prima dell'incidente,
si è recato in Seminario portando un assegno consistente, dicendo: "I doni e le
feste si fanno in vita (lo stesso pensiero espresso dell'ultimo prete defunto
don Antonio Veronese).
Nel suo testamento redatto l 8 settembre
2013 e consegnato in custodia al notaio della Curia don Luciano Barin, aggiunse
alcune brevi note spirituali che si concludono con appunti sulla morte tratti
dalla Gaudium et Spes ed aggiunge: "Professo la fede nel mistero
pasquale: mi ha dato coraggio e speranza nel futuro. Affidandomi a questa fede
pasquale.... Signore eccomi!".
Don
Delfino Frigo prete innamorato della gente.
Mancava poco a mezzogiorno di
domenica 22 febbraio quando don Delfino Frigo all'età di 55 anni, parroco di San
Giacomo di Romano, ha emesso l'ultimo respiro, dopo alcuni giorni in cui la
gravità del male aveva avvertito della vicina conclusione.
Si trovava da una decina di giorni nel
reparto di terapia intensiva della cardiologia all'ospedale
Cittadella.
Ma da alcuni anni era
seguito dai medici del reparto di ematologia dell'ospedale di Padova per una
malattia rara, ma rimasta stazionarie fino al marzo dello scorso anno quando è
cominciato un lento declino del cuore prima, dei polmoni poi, e infine dei
reni.
Per un anno don Delfino
ha accolto tutte le terapie sperando fino all'ultimo di riuscire a farcela,
aveva subito vari ricoveri, ma aveva scelto di restare in canonica concelebrando
una messa alla domenica, così i parrocchiani hanno potuto leggere sul suo volto
il progressivo procedere del male.
Essendo una persona molto riservata, per
quanto riguardava la sua vita personale, ha condiviso con un gruppo ristretto di
amici la malattia taciuta agli altri, perché non voleva la pietà di nessuno. Un
ringraziamento particolare al suo medico Maria Grazia che l'ha seguito come un
fratello, non come un paziente. Alla mamma che l'ha accompagnato in questo
cammino con speranza e alla sorella: le nostre condoglianze.
Don Delfino era nato a
San Zenone degli Ezzelini nel 1959. La famiglia si era poi trasferita a
Fellette.
E' entrato nel seminario
di Padova come vocazione giovanile, è stato ordinato prete nel 1988. Inizia a
svolgere il ministero di cooperatore prima a Tencarola e poi al Sacro Cuore in
Padova. Nel 1996 viene nominato parroco di Faedo e arciprete di
Fontanafredda.
Due anni dopo diventa
parroco moderatore della nuova unità pastorale di Cinto Euganeo, Faedo,
Fontanafredda, Valnogaredo. Nel 2002 accetta la nomina di parroco a Santa
Giustina in Colle nel 2011 arriva a San Giacomo di Romano.
"Grazie per averci
insegnato un modo esigenza di lavorare in parrocchia grazie per la cura e la
passione con cui hai preparato tutti gli incontri e soprattutto le liturgie
domenicali". Sono parole del vicepresidente del Consiglio Pastorale di Santa
Giustina in Colle. "Grazie per le energie profuse per la pazienza e
l'entusiasmo con cui hai fatto crescere chi ti è stato vicino ci hai aiutato a
diventare - collaboratori e più corresponsabili. Grazie per le energie che hai
investito per il futuro di questa comunità per il lavoro che hai fatto con i
giovani con i ragazzi e con le famiglie ...."
Un lontano ricordo dei
compagni di seminario : " Delfino grazie alla sua precedente esperienza
lavorativa e relazionale, aveva di fatto portato con sé in seminario una fitta
rete di persone con cui continuava a tenere i contatti. Anche successivamente
nel ministero ha mostrato immediatezza e discrezione nelle
relazioni."
Un parroco che gli è
stato vicino:" Per me don Delfino significa finezza e gentilezza. Credo che
questa sia una caratteristica spiccata della sua persona. Un garbo nei modi e
nelle parole, nel tratto, nell' incontrare e dare spazio agli altri che diventa
sorriso ascolto invito suggerimento, consolazione e speranza. Don Delfino è
un immagine bella e speciale dell'essere prete diocesano, un innamorato della
sua gente dedicato è offerto alla sua comunità .
Don Delfino è stato un
catalizzatore di reti e punti possibili, sempre, in parrocchia, in vicariato nel
promuovere uno stile diocesano.
La cerimonia eucaristica
di commiato è stata celebrata nella chiesa di San Giacomo di Romano il 25
febbraio dal vescovo Antonio.
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