Ci si può vantare della propria ignoranza religiosa?
Scuola media, seconda classe,ora di religione. “ Mi no so i comandamenti!” Non era una risposta ad una domanda, nè una richiesta di aiuto , neppure il desiderio di conoscere l’argomento .
Solo un’affermazione ad alta voce in un momento non opportuno della lezione dato che il tema affrontato era ben altro: cosa fa la Chiesa.
Era invece una solenne dichiarazione di fronte ai compagni della sua diversità (chi non conosce qualche comandamento?), un modo di esibirsi, ovvero di mostrare il coraggio di andar contro corrente, di distinguersi.
Ci si può vantare della propria ignoranza? L’ignorante non sa di ignorare, pensa di sapere tanto; ma chi sa di ignorare è ignorante? Ritengo di no: è solo una persona che consapevolmente non vuole compromettersi, impegnarsi perché ha capito che essere a conoscenza implica coerenza del sapere-dire e fare.
Ad alta voce ho pensato a quanti giovani e adulti battezzati non “vogliono” conoscere appieno la propria fede, preferiscono l’ignoranza Qui per conoscere intendiamo non solo l’acquisizione di contenuti intellettuali, ma di indicazioni spirituali, richiami alla conversione, sollecitazioni al fare il bene, …. Perché per tanti cristiani sono sufficienti le poche nozioni del catechismo imparate a malavoglia decine di anni fa, in situazioni personali assai diverse da ora e magari in momenti della crescita instabili?
Perché ora da adulti non intraprendono un cammino di conoscenza spirituale intellettuale della Parola di Dio, dei principi della fede, della morale cristiana?
Perché le proposte formative delle parrocchie, dei vicariati o della diocesi sono frequentate solo una bassissima percentuale di credenti?
Esempio: quanti battezzati giovani e adulti della nostra parrocchia hanno partecipato alla “lectio divina” vicariale? Forse troppo “ di livello”?
O semplicemente non ho tempo ( per altre cose il tempo si trova!), meglio dire: “ Non mi interessa, ovvero voglio “non conoscere”!.
Nevio Bedin
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